"Cucuzzille"
"Sono rincasato verso le nove, quella sera, dopo essere stato con due miei amici, Alberto Allulli e Pietro Angelini, in casa di un altro amico nostro, che chiamiamo tutti con il soprannome di "Zellitte", ma non so il suo vero nome. Abita a Porta Vezzola. Biagino De Matteis, di Bernardo e fu Maria Giuseppe Marcone, soprannominato "Cucuzzille", di anni 30, falegname, abitante in Via della Misericordia n. 19, era stato arrestato con la grave accusa di tentato omicidio di due guardie di città, Antonio Carinelli e Luciano Illustrato, che aveva affrontato con arma insidiosa verso le 23 di sabato 22 ottobre 1898 lungo il corso di Porta Reale. Ma De Matteis si discolpava, insistendo nell'affermare che lui del ferimento di quelle due guardie in divisa non sapeva niente. Dichiarò che a casa di "Zellitte" lui e i suoi amici avevano giocato a briscola e a tressette, consumando in quattro cinque litri di vino, acquistato poco prima nella cantina di Calabrese, in Piazza della Cittadella. Verso le diciannove la compagnia si era sciolta. Angelini, che aveva 21 anni e faceva il calzolaio, aveva voluto accompagnarlo a casa e qui lo aveva lasciato e lui da allora non era più uscito. Messo sotto torchio, De Matteis mutò la sua versione dei fatti, raccontando: "Verso le diciassette io, Angelini, Alberto Allulli, Ernesto Di Giovanni, apprendista sarto alle dipendenze di Fracesco Di Berardo, e una guardia carceraria, di nome Angelo Devoti, ci siamo recati a bere de vino nella cantina di Guazzieri, dietro il Tribunale. Dopo aver giocato qualche partita a carte e aver bevuto in cinque due litri e mezzo di vino, siamo usciti e siamo andati a casa di Zellitte, a Porta Vezzola. Siamo andati tutti, meno Devoti e Di Giovanni. Abbiano giocato a carte e bevuto del vino, acquistato nella cantina della mantenuta di Zellitte. In quattro abbiamo bevuto cinque litri di vin." De Matteis proseguì dichiarando che, strada facendo, dopo essere usciti dalla casa di "Zellitte", Angelini aveva detto: "Mi sono fatto cinque mesi di carcere senza essere colpevole di niente. la voglio far pagare a qualcuno." "Come facciamo, se non abbiamo armi?" aveva chiesto De Matteis, proponendo subito dopo di andare a casa sua a prenderne qualcuna. Continuò dicendo che lui aveva preso uno scalpello da intagliatore e Angeli un altro scalpello e così armati erano andati in giro per Teramo, alla ricerca di qualche guardia da colpire. In Piazza Vittorio Emanuele ne avevano viste quattro, due delle quali in divisa. "Dopo un po'" proseguì "queste ultime due si allontanarono in direzione di Porta Madonna e noi le seguimmo. Le guardie entrarono nella cantina di Gaspare Di Blasio e noi aspettammo che uscissero, appostati nelle vicinanze dei portici di Porta Reale. Dopo un po' uscirono e si avviarono verso il Corso e noi gli andammo dietro, a qualche breve distanza, facendo finta di discorrere tra di noi. Poi li affiancammo e ci lanciammo contro di loro. Io tirai un colpo di scalpello alla guardia più alta, al collo. Angelini colpì l'altra guardia. Poi tutti e due estrassero le sciabole e presero ad inseguirci. Ci dividemmo. Io girai verso Santo Stefano e Porta Vezzola, Angelini lungo il Corso. Giunto, sempre scappano di corsa, a Porta Vezzola, in prossimità dell'ospedale, gettai lo scalpello dentro l'orto di Armellini e, senza essere visto, mi rifugiai in casa del sarto Berardo Di Ubaldo, in Via della Misericordia. Raccontai a Berardo, in presenza della moglie, Giovannuccia, a ad un suo lavorante di 15 anni, Dino Di Claudio, quello che era accaduto. Il mattino dopo rividi Angelini e ci congratulammo a vicenda per non essere stati presi." Pietro Angelini, di Carlo e fu Maria Pompei, soprannominato "Bambino", calzolaio, celibe, abitava fuori Porta San Giorgio, in casa Mezucelli. Fu arrestato anche lui e interrogato, così come "Zellitte", identificato come Ignazio Allulli, conciapelli, abitante a Porta vezzola, e Alberto Allulli, barbiere, di 20 anni, abitante in Via Porta Romana, nella casa Cappellini. La cantiniera mantenuta di Zellitte era Chiara Di Marco. Tutti furono fermati e interrogati. Angelini dichiarò che De Matteis gli aveva proposto: "Vogliamo menare questa sera a due guardie?" Lui aveva accettato e si erano messi alla caccia di qualche guardia. Ne avevano avvistato quattro, due in divisa e due no, sedute a un banco sotto i portici del Palazzo Vescovile. Quando le guardie si erano alzate e si erano separate, lui e De Matteis avevano seguito le due in divisa, appostandosi poi nei pressi del palazzo De Albentiis, quando erano entrare nella cantina di Gaspare Di Blasio, a Porta Madonna. Poi, quando erano uscite, le avevano seguite e giunti all'altezza dei portici, le avevano aggredite con gli scalpelli. Il sarto Berardo Di Ubaldo ammise che la sera successiva a quella del ferimento delle guardie, domenica 23 ottobre, si era recato nella bottega del suo principale, Berardo Polidori, sotto i Portici Trippetta, e aveva raccontato le confidenze che aveva ricevuto da De Matteis. Nessuno però aveva parlato o raccontato niente, così gli autori dell'aggressione alle due guardie erano rimasti sconosciuti, fino a quel 4 gennaio del 1899, quando "Cucuzzille" e "Bambino" erano stati arrestati dall'Ispettore di P.S. Magonza. Le loro dichiarazioni di innocenza non avevano convinto ed erano stati interrogati più volte. Le guardie aggredite, il 24enne Antonio Carinelli, fu Pasquale, nativo di Giulianova, e Luciano Illustrato, di Tito, 25enne, nativo di Sortino, in provincia di Siracusa, non riconobbero con certezza in De matteis e Angelini i due loro feritori. Ma alla fine le ammissioni dei due colpevoli portarono il Giudice Istruttore Luigi Massari a chiedere e ottenere il loro rinvio a giudizio. Il 4 febbraio la Camera di Consiglio del Tribunale di Teramo derubricò l'accusa da mancato omicidio a lesioni a pubblici ufficiali e il Procuratore del Re, Pasquale Semmola, presentò opposizione. Il 2 marzo la Corte di Appello dell'Aquila l'accolse parzialmente, ravvisando il tentato omicidio e quindi la competenza della Corte d'Assise. Il processo si svolse il 20 aprile 1899. Fra i testimoni figurarono il sarto Berardo Di Ubaldo; sua moglie Giovannuccia Di Carlo, di anni 26, nativa di Valle San Giovanni; il 15enne Dino Di Claudio, apprendista sarto, originario di Castelli; la cantiniera Graziosa Guazzieri, fu Giuseppe, di anni 22, vedova di Andrea Pellicano; l'Ispettore di P.S. Edoardo Magonza, di anni 50, originario di Porto Tolle, in provincia di Rovigo; Chiara Di Marco, di anni 24, cappellaia, mantenuta di Ignazio Allulli, detto Zellitte"; il delegato di P.S. Alfredo mazzoni, di Francesco, di anni 29, nativo di Montesilvano. A "Cucuzzille" e a "Bambino", difesi rispettivamente dall'avv. Zefirino Tanzi e dall'avv. Francesco Rodomonti, venne riconosciuto il beneficio del vizio parziale di mente per ubriachezza volontaria. Furono condannati dalla Corte d'Assise di Teramo, presieduta dal Presidente del tribunale Giovanni Palmieri, a 2 mesi e 15 giorni di reclusione e al risarcimento dei danni, in solido, per tentata lesione volontaria in persona della guardia Illustrato e lesioni volontarie in persona della guardia Carinelli.
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